venerdì 4 dicembre 2015

Cardarelli, caos al pronto soccorso tra barelle e attese record: "Aiutateci"

«Aiutateci». Non è più un urlo, non è più una rivendicazione, non è più un grido di dolore, non è più una preghiera, non è più una denuncia. Magari è un’implorazione sorda, disperata, ma quasi senza convinzione. «Aiutateci» per quella ininterrotta fila di barelle, «aiutateci» dell’anziano rimasto a terra un’ora in attesa di un’ambulanza, «aiutateci» perché si è oltre il collasso.

Ma anche «aiutateci» perché non si può più lavorare, «aiutateci» perché non ci si vuole assuefare al dolore dei pazienti, «aiutateci» per uno stipendio improvvisamente ridotto. È un giorno di ordinaria follia nel pronto soccorso del Cardarelli. Ordinaria, perché lunedì scorso è stato di straordinaria follia. «Non si riusciva più a camminare nemmeno tra le barelle» raccontano i sanitari. È tutta lì, nel pronto soccorso dell’ospedale più grande, la crisi della sanità campana dopo l’applicazione della normativa europea che impone a chi lavora nella sanità un tetto di 48 ore settimanali con un riposo di 11 ore ogni giorno. Benintenso: la norma targata Eu è del 2003, l’ultima proroga del 2014 ma nella Regione di diversi colori politici nessuno ha pensato a prepararsi per tempo.  E dal primo novembre, quando ci si è risvegliati dal tranquillo sogno di un’ulteriore proroga che non è giunta, il crac di un sistema dove l’assistenza territoriale è irrilevante, dove ci sono troppi ospedali inutili, dove si moltiplicano convenzioni con privati inadeguati, si è concentrato nella struttura del Vomero. La fila Quando si varca la porta del pronto soccorso si ha un attimo di smarrimento: una lunga fila di letti bianchi con linde lenzuola rosa allineati sulle pareti tra la geometria grigio-nera del pavimento e l’azzurro delle pareti. Tutto pulito, perfino ordinato nell’emergenza.  Non un lamento, non una voce troppo alta, non richieste di soccorso inascoltate. Non ci sono proteste, niente chiassate, 25 letti nel reparto, almeno 30 barelle allineate, un parente per ogni malato. E sulle sedie i «codici verdi» di altri pazienti con un dito, una mano, un piede da medicare, un dolore da far controllare. Facile, troppo facile i racconti del caos da codice rosso quando arrivano gli sparati con il loro carico di parenti violenti e arroganti. La vera prova di una nuova civiltà è nei giorni di ordinaria follia, quando pazienti, infermieri e medici sembrano vivere nella condivisione di un dolore e di un disagio con un contegno svizzero che smentisce qualsiasi stereotipo napoletano. «Abbiamo bisogno di una proroga, di sospendere per altri sei mesi l’entrata in vigore della legge europea come hanno fatto in Basilicata» dice concitato Maurizio Castricone, primario di chirurgia di urgenza. Al telefono. Perché le operazioni si susseguono e prima vengono i pazienti.

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