«Aiutateci». Non è più un urlo, non è più una rivendicazione, non è
più un grido di dolore, non è più una preghiera, non è più una denuncia.
Magari è un’implorazione sorda, disperata, ma quasi senza convinzione.
«Aiutateci» per quella ininterrotta fila di barelle, «aiutateci»
dell’anziano rimasto a terra un’ora in attesa di un’ambulanza,
«aiutateci» perché si è oltre il collasso.
Ma anche «aiutateci»
perché non si può più lavorare, «aiutateci» perché non ci si vuole
assuefare al dolore dei pazienti, «aiutateci» per uno stipendio
improvvisamente ridotto. È un giorno di ordinaria follia nel pronto
soccorso del Cardarelli. Ordinaria, perché lunedì scorso è stato di
straordinaria follia. «Non si riusciva più a camminare nemmeno tra le
barelle» raccontano i sanitari. È tutta lì, nel pronto soccorso
dell’ospedale più grande, la crisi della sanità campana dopo
l’applicazione della normativa europea che impone a chi lavora nella
sanità un tetto di 48 ore settimanali con un riposo di 11 ore ogni
giorno. Benintenso: la norma targata Eu è del 2003, l’ultima proroga del
2014 ma nella Regione di diversi colori politici nessuno ha pensato a
prepararsi per tempo. E dal primo novembre, quando ci si è risvegliati
dal tranquillo sogno di un’ulteriore proroga che non è giunta, il crac
di un sistema dove l’assistenza territoriale è irrilevante, dove ci sono
troppi ospedali inutili, dove si moltiplicano convenzioni con privati
inadeguati, si è concentrato nella struttura del Vomero. La fila Quando
si varca la porta del pronto soccorso si ha un attimo di smarrimento:
una lunga fila di letti bianchi con linde lenzuola rosa allineati sulle
pareti tra la geometria grigio-nera del pavimento e l’azzurro delle
pareti. Tutto pulito, perfino ordinato nell’emergenza. Non un lamento,
non una voce troppo alta, non richieste di soccorso inascoltate. Non ci
sono proteste, niente chiassate, 25 letti nel reparto, almeno 30 barelle
allineate, un parente per ogni malato. E sulle sedie i «codici verdi»
di altri pazienti con un dito, una mano, un piede da medicare, un dolore
da far controllare. Facile, troppo facile i racconti del caos da codice
rosso quando arrivano gli sparati con il loro carico di parenti
violenti e arroganti. La vera prova di una nuova civiltà è nei giorni di
ordinaria follia, quando pazienti, infermieri e medici sembrano vivere
nella condivisione di un dolore e di un disagio con un contegno svizzero
che smentisce qualsiasi stereotipo napoletano. «Abbiamo bisogno di una
proroga, di sospendere per altri sei mesi l’entrata in vigore della
legge europea come hanno fatto in Basilicata» dice concitato Maurizio
Castricone, primario di chirurgia di urgenza. Al telefono. Perché le
operazioni si susseguono e prima vengono i pazienti.
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