lunedì 9 maggio 2016

Renzi al M5S: "Non chiediamo le dimissioni di Nogarin"

Il premier e segretario del Pd Matteo Renzi è intervenuto oggi alla direzione del partito.Renzi ha aperto la direzione del Pd ricordando Aldo Moro e Peppino Impastato. «È una giornata carica di significato - ha detto - il pensiero corre alla grande figura di Moro e della scorta ma il 9 maggio è doveroso richiamare altre donne e uomini: è l'anniversario della tragica uccisione di Peppino Impastato. Ma è anche il giorno di festa dell'Europa».   «Sono rimasto sorpreso che alcuni giornalisti mi hanno chiesto perché facciamo la direzione visto che non abbiamo molto su cui litigare - ha sottolineato all'inizio del suo intervento in direzione. 

A parte che ci sottovalutano ma sarà un gran giorno quello in cui non ci si stupisce che ci siano organismi che discutono e dialogano anche quando non ci sono problemi. La vera eccezione non siamo noi, i partiti concorrono in modo democratico al governo della res pubblica. Sarebbe bello se anche altri trovano luoghi in cui si preferisce la fatica della democrazia alla dinastia», ha continuato polemizzando con il Movimento 5 stelle.  «Non abbiamo nessun motivo per continuare una sfibrante discussione interna quando altri nostri compagni sono impegnati in prima fila della campagna delle amministrative. Non chiedo una moratoria delle polemiche. Ma si deve fare uno sforzo per non vergognarsi di ciò che abbiamo fatto in questi anni e di ciò che dobbiamo fare sul territorio
Non voglio sottacere i tanti problemi sul territorio: sono meno di quelli che i media raccontano, più di quelli che dovrebbero esserci», ha proseguito Renzi.  «Dal 20 maggio al 15 luglio lanciamo una mobilitazione permanente: quel giorno dovremo presentare le firme per il referendum costituzionale. Sono già presentate da deputati e senatori, formalmente il referendum è già in pista. Ma credo che sia giusto che il Pd faccia quello che stanno facendo anche gli altri: andare piazza per piazza a chiedere comunque ai cittadini di mettere la firma sulla richiesta del referendum e diffondere il più possibile comitati dal basso», ha affermato Renzi.   «Un minuto dopo il referendum se andrà bene come io credo, si deve continuare il percorso delle riforme, il 2017 avrà eventi internazionali ma contemporaneamente io aprirei la fase congressuale anticipando di qualche mese il congresso», ha poi detto Renzi, chiedendo un anticipo di qualche mese del congresso del 2017.  «Accade a due compagni di partito di essere assolti dopo otto anni e di non riuscire ad andare sulle pagine nazionali se non per qualche trafiletto dopo che i titoli delle indagini avevano aperto i tg. Quando chiediamo, rispettando i magistrati, che si vada a sentenza, non stiamo chiedendo la luna ma la civiltà giuridica e il rispetto dei valori della Carta costituzionale», ha poi ribadito Renzi. «Abbiamo fatto molti interventi sulla giustizia che non hanno cambiato opinioni giornali ma gli articoli codice penale», ha sottolineato.   «C'è un doppio-pesismo incredibile e non mi riferisco solo alla Toscana a 5 Stelle o alla Lombardia in camicia verde, chi è garantista con i suoi e giustizialista con gli altri è insopportabile. Noi siamo genuinamente garantisti, non chiediamo dimissioni Nogarin, lui farà le sue valutazioni con il suo consiglio comunale», ha poi detto Renzi.  «L'Europa continua a inseguire la strada della paura. Il Brennero è l'esempio più concreto, ahimè non l'unico. Quando hai scommesso su un'Europa che non abbia confini interni ma a fronte di questo non hai il coraggio di essere conseguente appena emerge un piccolo segnale di difficoltà o disagio, ti mostri poco credibile agli occhi della tua gente», ha detto ancora il premier. «Se crei fantasmi o credi ai fantasmi creati da altri, chi è più bravo ad alimentare paure e generare mostri, vince sempre».  «Il tono becero e barbaro usato da alcuni in questi mesi, come il generico buonismo del "venghino signori venghino" sono soluzioni entrambe destinate a sconfitta e fallimento», ha poi sostenuto Renzi.  Renzi ha quindi lanciato una nuova sfida al Pse. «Se vogliamo fare qualcosa di serio come Pse, e ci proveremo coinvolgendo a Roma i capi di governo, dobbiamo giocare la carta dell'economia innovativa, dell'immigrazione con una strategia di ampio respiro ma anche affermare che il tema chiave è l'identità culturale, l'educazione e il capitale umano».   «Tutti ad applaudire» gli interventi sull'Europa di Barack Obama e di papa Francesco, «e poi che accade? Accade che l'Europa continua ad inseguire la strada della paura», ha continuato Renzi. «C'è la necessità di una grande scommessa politica sull'Europa. È da contrastare l'idea che si possa fare una scommessa sulla paura», ha aggiunto. «Obama ha ricordato all'Europa cosa deve essere e cosa non è più, innanzitutto negli occhi dei propri leader. Se i leader non indicano una direzione, poi non si possono lamentare che i cittadini non camminino al passo giusto», ha sottolineato. «Papa Francesco ha detto "cosa ti è successo Europa?" e ha innestato riferimenti di grandissimo impatto a lavoro, economia sociale, a un'Europa che sia capace di veder crescere i sogni delle persone in un orizzonte non circondato alla paura».  «Noi possiamo raccontarci quello che vogliamo ma da quando abbiamo vinto le europee qualcosa è cambiato, meno di quanto voluto ma più di quello che loro avrebbero pensato. La costante rivendicazione del cambio di paradigma in politica economia ancora non è sufficiente a nostro giudizio ma 27 miliardi di flessibilità sono tutt'altro che briciole. Chi dice che è poco non ha mai preso un bilancio in mano», ha poi rilevato Renzi, rivendicando l'iniziativa italiana in Ue su politica economica e migratoria.   «La rivendicazione della flessibilità - ha affermato - è un richiamo alla necessità di un cambio di passo sulle grandi questioni di politica eco e fiscale. Ricordo che al vertice del giugno 2014, ero solo come un virus in quella stanza a chiedere non che ci fosse non un riferimento alla flessibilità ma un richiamo, non è che non volevano darci la flessibilità, non volevano neanche citarla ritenendo la semplice evocazione verbale come un agguato».  «Barack Obama - ha detto ancora Renzi - scrive una pagina nuova del rapporto tra politica e comunicazione. Ci sono sempre stati momenti, da Pericle in poi, in cui grandi personalità hanno saputo tracciare con la forza delle parole uno scenario e un orizzonte che altri non vedevano. Obama è stato capace in diversi passaggi della sua esperienza di utilizzare questa forza», ha insistito il premier. «Io sono affezionato al discorso del febbraio 2007 quando annunciò una candidatura che sembrava improbabile, al discorso dello Yes, we can, che cambiò la dinamica politica della campagna del 2008, restituendo alla politica il compito di offrire una speranza, un'opportunità. L'intervento di Berlino in cui parlò all'Europa da alleato: allora la dottrina di politica estera discussa e contestata era quella unilaterale di George Bush. Obama si presentava come molto discusso, quasi incerto sulla politica interna ed economica e invece grande innovatore in politica estera», ha ricordato tra l'altro.

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