Il premier e segretario del Pd Matteo Renzi è intervenuto oggi alla direzione del partito.Renzi
ha aperto la direzione del Pd ricordando Aldo Moro e Peppino Impastato.
«È una giornata carica di significato - ha detto - il pensiero corre
alla grande figura di Moro e della scorta ma il 9 maggio è doveroso
richiamare altre donne e uomini: è l'anniversario della
tragica uccisione di Peppino Impastato. Ma è anche il giorno di festa
dell'Europa». «Sono rimasto sorpreso che alcuni giornalisti mi hanno
chiesto perché facciamo la direzione visto che non abbiamo molto su cui
litigare - ha sottolineato all'inizio del suo intervento in direzione.
A parte che ci sottovalutano ma sarà un gran giorno quello in cui non
ci si stupisce che ci siano organismi che discutono e dialogano anche
quando non ci sono problemi. La vera eccezione non siamo noi, i partiti
concorrono in modo democratico al governo della res pubblica. Sarebbe
bello se anche altri trovano luoghi in cui si preferisce la fatica della
democrazia alla dinastia», ha continuato polemizzando con il Movimento 5
stelle. «Non abbiamo nessun motivo per continuare una sfibrante
discussione interna quando altri nostri compagni sono impegnati in prima
fila della campagna delle amministrative. Non chiedo una moratoria
delle polemiche. Ma si deve fare uno sforzo per non vergognarsi di ciò
che abbiamo fatto in questi anni e di ciò che dobbiamo fare sul
territorio
Non voglio sottacere i tanti problemi sul territorio:
sono meno di quelli che i media raccontano, più di quelli che dovrebbero
esserci», ha proseguito Renzi. «Dal 20 maggio al 15 luglio lanciamo
una mobilitazione permanente: quel giorno dovremo presentare le firme
per il referendum costituzionale. Sono già presentate da deputati e
senatori, formalmente il referendum è già in pista. Ma credo che sia
giusto che il Pd faccia quello che stanno facendo anche gli altri:
andare piazza per piazza a chiedere comunque ai cittadini di mettere la
firma sulla richiesta del referendum e diffondere il più possibile
comitati dal basso», ha affermato Renzi. «Un minuto dopo il referendum
se andrà bene come io credo, si deve continuare il percorso delle
riforme, il 2017 avrà eventi internazionali ma contemporaneamente io
aprirei la fase congressuale anticipando di qualche mese il congresso»,
ha poi detto Renzi, chiedendo un anticipo di qualche mese del congresso
del 2017. «Accade a due compagni di partito di essere assolti dopo otto
anni e di non riuscire ad andare sulle pagine nazionali se non per
qualche trafiletto dopo che i titoli delle indagini avevano aperto i tg.
Quando chiediamo, rispettando i magistrati, che si vada a sentenza, non
stiamo chiedendo la luna ma la civiltà giuridica e il rispetto dei
valori della Carta costituzionale», ha poi ribadito Renzi. «Abbiamo
fatto molti interventi sulla giustizia che non hanno cambiato opinioni
giornali ma gli articoli codice penale», ha sottolineato. «C'è un
doppio-pesismo incredibile e non mi riferisco solo alla Toscana a 5
Stelle o alla Lombardia in camicia verde, chi è garantista con i suoi e
giustizialista con gli altri è insopportabile. Noi siamo genuinamente
garantisti, non chiediamo dimissioni Nogarin, lui farà le
sue valutazioni con il suo consiglio comunale», ha poi detto Renzi.
«L'Europa continua a inseguire la strada della paura. Il Brennero è
l'esempio più concreto, ahimè non l'unico. Quando hai scommesso su
un'Europa che non abbia confini interni ma a fronte di questo non hai il
coraggio di essere conseguente appena emerge un piccolo segnale di
difficoltà o disagio, ti mostri poco credibile agli occhi della tua
gente», ha detto ancora il premier. «Se crei fantasmi o credi ai
fantasmi creati da altri, chi è più bravo ad alimentare paure e generare
mostri, vince sempre». «Il tono becero e barbaro usato da alcuni in
questi mesi, come il generico buonismo del "venghino signori venghino"
sono soluzioni entrambe destinate a sconfitta e fallimento», ha poi
sostenuto Renzi. Renzi ha quindi lanciato una nuova sfida al Pse. «Se
vogliamo fare qualcosa di serio come Pse, e ci proveremo coinvolgendo a
Roma i capi di governo, dobbiamo giocare la carta dell'economia
innovativa, dell'immigrazione con una strategia di ampio respiro ma
anche affermare che il tema chiave è l'identità culturale, l'educazione e
il capitale umano». «Tutti ad applaudire» gli interventi sull'Europa
di Barack Obama e di papa Francesco, «e poi che accade? Accade che
l'Europa continua ad inseguire la strada della paura», ha continuato
Renzi. «C'è la necessità di una grande scommessa politica sull'Europa. È
da contrastare l'idea che si possa fare una scommessa sulla paura», ha
aggiunto. «Obama ha ricordato all'Europa cosa deve essere e cosa non è
più, innanzitutto negli occhi dei propri leader. Se i leader non
indicano una direzione, poi non si possono lamentare che i cittadini non
camminino al passo giusto», ha sottolineato. «Papa Francesco ha detto
"cosa ti è successo Europa?" e ha innestato riferimenti di grandissimo
impatto a lavoro, economia sociale, a un'Europa che sia capace di
veder crescere i sogni delle persone in un orizzonte non circondato alla
paura». «Noi possiamo raccontarci quello che vogliamo ma da quando
abbiamo vinto le europee qualcosa è cambiato, meno di quanto voluto ma
più di quello che loro avrebbero pensato. La costante rivendicazione del
cambio di paradigma in politica economia ancora non è sufficiente a
nostro giudizio ma 27 miliardi di flessibilità sono tutt'altro che
briciole. Chi dice che è poco non ha mai preso un bilancio in mano», ha
poi rilevato Renzi, rivendicando l'iniziativa italiana in Ue su politica
economica e migratoria. «La rivendicazione della flessibilità - ha
affermato - è un richiamo alla necessità di un cambio di passo sulle
grandi questioni di politica eco e fiscale. Ricordo che al vertice del
giugno 2014, ero solo come un virus in quella stanza a chiedere non che
ci fosse non un riferimento alla flessibilità ma un richiamo, non è che
non volevano darci la flessibilità, non volevano neanche citarla
ritenendo la semplice evocazione verbale come un agguato». «Barack
Obama - ha detto ancora Renzi - scrive una pagina nuova del rapporto tra
politica e comunicazione. Ci sono sempre stati momenti, da Pericle in
poi, in cui grandi personalità hanno saputo tracciare con la forza delle
parole uno scenario e un orizzonte che altri non vedevano. Obama è
stato capace in diversi passaggi della sua esperienza di utilizzare
questa forza», ha insistito il premier. «Io sono affezionato al discorso
del febbraio 2007 quando annunciò una candidatura che sembrava
improbabile, al discorso dello Yes, we can, che cambiò la dinamica
politica della campagna del 2008, restituendo alla politica il compito
di offrire una speranza, un'opportunità. L'intervento di Berlino in cui
parlò all'Europa da alleato: allora la dottrina di politica estera
discussa e contestata era quella unilaterale di George Bush. Obama si
presentava come molto discusso, quasi incerto sulla politica interna ed
economica e invece grande innovatore in politica estera», ha ricordato
tra l'altro.
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